Roma, 12 dicembre 2018 – La gestione dei rifiuti presenta caratteristiche idonee all’applicazione di una tariffa corrispettiva, commisurata all’entità dei rifiuti prodotti, con risvolti positivi sia sotto il profilo della finanza locale sia sul piano ambientale. In Italia tale servizio è invece finanziato con una
tassa (la Ta.ri.), di fatto assimilabile a un’imposta patrimoniale. Il lavoro analizza le
caratteristiche della Ta.ri. sia in termini di efficienza che in termini di equità, avvalendosi di
una simulazione sui dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia. I risultati
indicano che la Ta.ri. non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di
rifiuti e presenta effetti redistributivi peculiari a sfavore dei nuclei con redditi più bassi. Una
riconfigurazione del prelievo in chiave tariffaria porterebbe benefici non solo in termini di
efficienza – per gli incentivi ad un utilizzo più responsabile delle risorse pubbliche e di quelle
ambientali – ma anche in termini di equità, poiché rimuoverebbe i profili di regressività
dell’attuale Ta.ri.
Il prelievo presenta una notevole variabilità territoriale (tav. 3). Il tributo è mediamente più alto
nelle regioni meridionali (oltre 269 euro, il 17 per cento in più della media nazionale) e più basso in quelle del Nord est, riflettendo principalmente le scelte tariffarie delle rispettive Amministrazioni locali.
Per le modalità con cui viene determinata l’entità del prelievo la Ta.ri. presenta una natura in gran parte patrimoniale, mentre per le finalità che persegue – di corrispettivo del servizio ricevuto – dovrebbe avere valenza tariffaria. La simulazione sui dati della SHIW consente di analizzare il prelievo sui rifiuti sia nella prospettiva di un’imposta patrimoniale, sia nella prospettiva di una
benefit tax: nel primo caso è importante valutarne le implicazioni redistributive, nel secondo i profili di efficienza.
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