Roma, 22 maggio 2018 – Purtroppo non si è riusciti ad individuare gli
esecutori dell’attentato ai danni dell’ex Presidente del Parco dei
Nebrodi Giuseppe Antoci, ma una cosa certa è venuta fuori dal lavoro
di Magistrati e Forze dell’Ordine, nonché dalle perizie effettuate a
Roma: Antoci doveva morire, colpendo prima l’auto e poi, attraverso le
moltov ritrovate, incendiarla e obbligare lui e gli uomini della
scorta a scendere per essere poi giustiziati.
“Altro che atto intimidatorio come alcuni avevano ventilato, guidando
la macchina del fango, – dichiara Antoci – viene fuori invece
l’agghiacciante volontà del commando di uccidere me e gli uomini della
scorta attraverso un attentato efferato e crudele”.
Pur trattandosi di una richiesta di archiviazione, che non chiude il
caso ma che lo mette al riparo da problemi tecnico-giuridici, è venuta
fuori, inequivocabilmente, la dinamica dei fatti.
“Aspetto di leggere meglio le motivazioni della richiesta di
archiviazione – continua Antoci - cercando di dare anche io il mio
contributo, ma nel frattempo nessuno si illuda tra i mafiosi e i
collusi che il pericolo è passato, l’’impegno va avanti con
convinzione e con quanti hanno gustato la libertà e la necessità di
portare avanti nei Nebrodi, in Sicilia e nel Paese sani e puliti
percorsi di legalità. Ormai il Protocollo è legge, se ne facciano una
ragione, ormai i mafiosi non potranno più accaparrarsi i Fondi Europei
per l’Agricoltura a discapito dei poveri e onesti agricoltori”.
Chiare le modalità dell’attentato e altrettanto chiara la paura degli
intercettati di parlarne addirittura evidenziando una maniacale
attenzione a bonificare le auto in cui viaggiavano dalla presenze
delle microspie.
“Forse un giorno uscirà il solito pentito – continua Antoci - che
porterà ad assicurare alla giustizia i mafiosi che quella notte ci
hanno attaccato. Del resto la storia della Sicilia ci ha insegnato che
è solo grazie a loro e allo sforzo degli investigatori che, alla fine,
si sono risolti indagini sugli più efferati agguati mafiosi che hanno
insanguinato la Sicilia”.
“Oggi la Magistratura e le Forze dell’Ordine – conclude Antoci -
mettono un punto fermo, pur non riuscendo a risalire alla difficile
individuazione degli attentatori, chiariscono in maniera netta una
cosa: Antoci andava ucciso, andava eliminato ed in un modo terribile e
feroce. Coloro che in questi due anni hanno tentato di depistare, di
infangare, di frenare tutto il percorso avviato hanno ormai una sola
cosa da fare: Vergognarsi – conclude Antoci.
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