• Per i servizi socio-educativi rivolti alla prima infanzia i Comuni hanno impegnato nel 2014 1 miliardo 482 milioni di euro, il 5% in meno rispetto all’anno precedente.
• Le famiglie contribuiscono in misura crescente ai costi del servizio: dal 2004 al 2014 la quota è passata dal 17,4 al 20,3% della spesa corrente impegnata dai Comuni per i servizi socio-educativi.
• Permangono differenze molto rilevanti fra il Mezzogiorno e il resto del paese: al Nord-est e al Centro Italia i posti censiti nelle strutture pubbliche e private coprono il 30% dei bambini sotto i 3 anni, al Nord-ovest il 27% mentre al Sud e nelle Isole si hanno rispettivamente 10 e 14 posti per cento bambini residenti. I bambini sotto i tre anni accolti in servizi comunali o finanziati dai comuni variano dal 18,3% del Centro al 4,1% del Sud.
• Notevoli anche le differenze nella spesa comunale in rapporto al potenziale bacino di utenza. Confrontando i Comuni capoluogo di provincia, la spesa più alta si ha a Trento, con 3.545 euro per bambino residente, seguono Venezia con 2.935, Roma con 2.843, Aosta con 2.804 euro; sul versante opposto si trovano i Comuni di Lanusei e Sanluri, che non hanno riportato spese per questo tipo di servizi, Reggio Calabria (19 euro per bambino), Catanzaro (38 euro), Vibo Valentia (46 euro).
POSTI AUTORIZZATI NEI SERVIZI SOCIO-EDUCATIVI PER LA PRIMA INFANZIA PER 100 BAMBINI DI 0-2 ANNI, PER SETTORE DEL TITOLARE E REGIONE. Anno educativo 2014/2015
L’emergere di nuovi bisogni sociali e le trasformazioni istituzionali degli ultimi anni hanno determinato nuovi scenari organizzativi dei servizi di asilo nido e dei servizi integrativi per la prima infanzia. Questi servizi rivestono un ruolo cruciale non solo nel sostegno alla genitorialità, ma anche nei percorsi di crescita ed inclusione sociale del bambino. Le famiglie si rivolgono ai servizi socio-educativi per diverse ragioni: la consapevolezza del ruolo educativo offerto nella prima infanzia, la mancanza di reti parentali per la custodia dei propri figli, la possibilità di confronto e integrazione con altri genitori ed educatori, il desiderio di offrire ai propri bambini maggiori esperienze e possibilità ludiche e sociali..
I carichi familiari delle donne con figli influenzano molto la loro partecipazione al mondo del lavoro: il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare è inferiore a quello delle donne senza figli; tale gap si riduce al crescere del titolo di studio.
Per molte donne la mancanza di servizi di supporto nelle attività di cura rappresenta un ostacolo per l’ingresso nel mercato del lavoro o per il passaggio da un impiego part time a uno a tempo pieno. Tra i problemi più lamentati ci sono l’indisponibilità e/o i costi elevati dei servizi sul territorio.
In particolare, il Mezzogiorno spicca non solo per più alti livelli di inattività e disoccupazione, ma anche per la presenza di quote più elevate di persone che sarebbero disposte a lavorare se potessero ridurre i carichi familiari.
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